procura conferita dal consiglio ad un consigliere, è rappresentanza
organica
Not. Roberto Demichele
Una società per azioni intende proprorre un'azione civile a
tutela del proprio marchio.
Sono stato richiesto di redigere il
verbale del Consiglio di Amministrazione della società, nel quale si vorrebbe
attribuire la rappresentanza processuale della società e il potere di firmare
il mandato all'avvocato a un consigliere di amministrazione, mentre a norma di
Statuto la rappresentanza legale della società di fronte ai terzi ed in
giudizio spetta la Presidente del Consiglio di Amministrazione.
A mio parere configurandosi un rapporto di rappresentanza
volontaria tra società e consigliere, occorre che la delibera sia seguita
da un formale atto di procura firmata dal Presidente del Consiglio di
Amministrazione, che - appunto - conferisca la rappresentanza al consigliere.
L'avvocato insiste nell'affermare che il consigliere potrebbe
firmare il mandato alle liti unicamente in forza della suddetta delibera
consiliare.
Not. Spina Alberto
Di fronte a recente analogo quesito,
le conclusioni sono state nel senso da te espresso (necessità della procura); soluzione
giuridicamente ineccepibile, in quanto, in presenza di un'attribuzione
statutaria del potere di rappresentanza al Presidente, il Consiglio può solo
deliberare l'operazione, ma il conferimento del suddetto potere deve venire dal
soggetto titolare dello stesso (in questo senso ho trovato Cagnasso sul
Trattato Colombo-Portale e la poca giurisprudenza di merito che ha affrontato
il problema).
Not. Marco Chiostrini
Se l'atto
costitutivo o l'assemblea lo consentono (art. 2381, c.c.), il consigliere in
parola dovrebbe qualificarsi come un amministratore delegato con i poteri
specificati? In questa maniera non si verserebbe più in ipotesi di
rappresentanza volontaria, ma di rappresentanza organica.
Not. Fabio Diaferia
Secondo la Cassazione 10.05.2000,
n. 6013, qualora lo statuto di una Spa attribuisca il potere di rappresentanza
al presidente e ai consiglieri delegati e non anche al consiglio di
amministrazione (?) deve considerarsi invalida la delibera consiliare
attribuitiva del suddetto potere a persona diversa dal presidente o da un
consigliere delegato, non essendo il consiglio titolare di tale potere.
A me pare, poi, che il consigliere in parola più che come un
amministratore delegato con poteri fortemente specificati dovrebbe essere
qualificato come un semplice "nuncius" (cui il potere di
rappresentanza deve essere conferito con procura).
Ciò in quanto il
consigliere delegato, avendo ricevuto una delega di attribuzioni (ex art. 2381,
c.c.) non si limita a manifestare la volontà della società (ove consentito
dall'atto costitutivo) ma la forma egli stesso.
Nel caso in
questione invece, sembra che la volontà della società sia formata
collegialmente dal Consiglio, che poi delega al consigliere il mero potere di
manifestarla ai terzi.
In ogni caso, qualora si volesse seguire l'ipotesi Chiostrini:
a seguito della nomina del consigliere "delegato" a compiere un
singolo atto si renderebbe necessario il deposito presso il registro imprese
del modello S2 (firmato dal presidente del Cda) unitamente a copia del verbale
del consiglio di amministrazione e all'intercalare P firmato dal
"consigliere delegato?
Se di consigliere
delegato si tratta .... credo proprio di sì.
Not. Marco Chiostrini
La sentenza che citi mi trova
sostanzialmente concorde e non mi sembra in contraddizione con quanto ho
scritto.
Come afferma la
Corte, il Consiglio può attribuire il potere di rappresentanza solo a
consiglieri delegati (il riferimento al presidente mi sembra ultroneo, o almeno
incauto, dato che egli è il rappresentante naturale dell'Organo Amministrativo,
e non sono sicuro che ripeta da questo il potere di rappresentanza, e non
piuttosto dalla natura corporativa della struttura societaria).
Invece il
Consiglio non può attribuire il potere rappresentativo a terzi estranei.
Il consigliere
delegato diventa tale perchè il consiglio lo delega: non è che il consiglio può
delegare solo chi sia già consigliere delegato (il che tra l'altro sarebbe
un'affermazione assurda; in partenza da chi sarebbe stato delegato? Questo
vizio va sotto il nome di post hoc, ergo
ante hoc).
La regola è che il consiglio, se
l'atto costitutivo o l'assemblea lo consentono, può delegare talune funzioni a
uno qualsiasi dei suoi membri (non a chi non sia consigliere), il quale diventa
ipso facto consigliere delegato.
In quest'ottica sembra anche poco rilevante il ragionamento
sulla autonomia decisionale; sono sostanzialmente daccordo sulle argomentazioni
circa la pubblicità dovuta.
Ernesto Quinto Bassi
Il problema della sostituzione nella rappresentanza è uno tra i più discussi e problematici, ma in ambito societario, se possibile, le cose si complicano maggiormente: sia perché ci si trova di fronte ad una rappresentanza, quella degli amministratori, di natura organica e quindi peculiare rispetto a quella ordinaria e sia perché, come segnalato dai colleghi, vi è la tendenza delle società a spingersi oltre i confini certi della materia.
Vediamo quali sono questo confini. In questo caso, il Cda di una Spa ha nominato un amministratore delegato della società (poco importa che sia lo stesso presidente del Cda), attribuendogli il potere di compiere “tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione”: operazione lecita se, nel rispetto dei limiti del 2381, c.c., è prevista dall’atto costitutivo o se l’assemblea vi ha prestato il proprio consenso.
Già da questo momento si può parlare di sostituzione nella rappresentanza, ma ciò è testualmente previsto e non sorgono i problemi che si incontrano non appena ci si spinge fino a scoprire che l’amministratore delegato ha rilasciato una procura “generale”(?) delegando una “serie di poteri”: nel caso tali poteri fossero limitati al compimento di singoli, determinati, atti, seppure con qualche difficoltà, si potrebbe riconoscerne la validità sulla scorta di quanto affermato dalla Cassazione in numerose sentenze (Cass. 23.04.1980 n. 2663, Cass. 06.01.1982, n. 18).
Nel caso
di specie, tuttavia, tali poteri non si limitano al compimento di singoli atti,
al contrario, la procura ha un oggetto talmente ampio da risultare
inequivocabilmente indeterminato e tale da provocarne la nullità.